DPCM e Costituzione
A fronte della recente crisi sanitaria, improvvisa e apparentemente inarrestabile, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha deciso di intervenire urgentemente e frequentemente con lo strumento del Decreto. Tale strumento, però, risulta davvero il più adatto e conforme al dettato costituzionale? Non si può trattenere qualche dubbio…
Per cercare di rispondere a questa domanda è necessario evidenziare come i DPCM siano atti amministrativi che possono derivare da norme di legge senza averne autonomamente la forza. In questo contesto, non sarebbero idonei a limitare diritti costituzionalmente garantiti come la libertà di movimento (Art. 13 Cost.), di riunione (Art. 17 Cost.) o di iniziativa economica (Art. 41 Cost.). Questa considerazione assume maggior valore se si considera che tali atti sono strutturalmente liberi da meccanismi di verifica e di controllo politico come avviene invece per i decreti legge.
Nel complesso delle norme regolanti la vita dei cittadini in questo periodo di emergenza, dunque, abbiamo assistito ad una pioggia di atti amministrativi utilizzati al di fuori del loro ambito di operatività e legittimati unicamente dal DL 6/2020 (atto avente forza di legge) che, a parere dello scrivente, non avrebbe potuto e dovuto lasciare “carta bianca” allo strumento del decreto.
Se quindi è vero che anche tra i diritti costituzionali esiste una gerarchia che pone il diritto alla vita come cardine assoluto dell’ordinamento, sino a che punto la tutela di essa può spingere a forzature dell’intero impianto costituzionale? E’ una domanda che difficilmente può trovare risposta in un periodo di pandemia ma che deve farci riflettere sul contesto normativo nel quale siamo immersi e spingerci ad interrogarci sui nostri diritti e sulla tutela degli stessi.